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2012, Settembre, Lunedì 3

(…continued)

Una delle cose più belle di avere un romanzo sulle dita è che puoi arrivare a innamorarti dei tuoi personaggi. Li scolpisci e li modelli come un Pigmalione della parola e può finire che davanti a idoli del genere ti disinteressi delle persone verso cui hai sviluppato una visione estremamente critica.

Ho scritto anche a PL.

Sarà che sono innamorato, ma è l’unica donna che possa reggere il confronto con il mio harem di carta. La sua devozione per me, nonostante i casini che le tocca affrontare, ancora mi stupisce. E mi commuove. E poi, è anche estremamente gnocca.

Anche oggi rimango a casa, sono ancora in pigiama a riempire pagine sul mio computer nuovo. Mentre ero alle prese con la posta elettronica sento il suono della chat di facebook. Chiunque mi sarei aspettato che fosse, tranne Andrea. Si è scusata per avermi dato buca domenica e che era ancora troppo stanca per vedersi con me. Io le ho detto che capivo e che me l’immaginavo che fosse stanca. “Ma grazie comunque per avermelo raccontato” le ho detto.

“È il minimo, sono una ragazza a posto”.

Interessante notare che quel “a posto” che ho liberamente tradotto, nello spagnolo del Cile è letteralmente espresso con l’aggettivo “decente”. Mi verrebbe da dire che la controparte maschile alla “ragazza a posto” sia “un uomo di classe”.

Eppure anche se non si sentiva ancora di farsi vedere avrebbe potuto comunque inviare un sms di scusa… va bene, mi ero sbagliato a giudicarla troppo duramente. Comunque, se ripenso al sottomarino decapottabile non posso non capirla o non perdonarla con una risata.

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2012, Agosto, Giovedì 30

(…continued)

Pamela immediatamente sposa la mia causa per darmi man forte contro i cocciuti vegliardi, e infatti più tardi, mentre i due si sparavano il telegiornale serale per endovena, Pamela e io ci siamo dilungati a chiacchierare di un sacco di cose.

Mi ha raccontato che da un po’ di tempo anche lei si sta documentando su questa filosofia basata su ciò che viene chiamato la Legge dell’Attrazione, che è appunto quel principio che cerca di spiegare il documentario “The Secret”. Mi chiede se anche io come lei avevo visto o letto di Suzanne Powell. Siccome non l’avevo mai sentita nominare, Pamela subito insiste che devo assolutamente vederla, e allora ci piazziamo davanti allo schermo del mio pc e andiamo su YouTube a cercarci una sua conferenza. Pamela aveva intuito giusto, quel video della Powell mi lascia positivamente impressionato.

Nata negli Stati Uniti e con una diagnosi di cancro che le dava cento giorni di vita, decide di mollare tutto e lasciare famiglia e conoscenti per starsene tranquilla in Spagna, decisa a continuare a vivere molto più a lungo di quanto le avevano detto i dottori. E guarisce. E adesso insegna gratuitamente agli altri a guarire e attraverso tecniche legate all’aura del corpo umano e dei chakra, fa anche delle terapie il tutto gratuitamente, per un fioretto fatto in cambio della possibilità di guarire.

I discorsi della Powell mi tornano, ci vedo un’affinità molto aldilà delle possibili coincidenze con tutto quanto mi era capitato nei giorni precedenti: dei recenti studi scientifici sulla meccanica quantistica, il Movimento Raeliano, eloqui e sproloqui di Serafino Massoni su YouTube, la crisi economica internazionale, il mio romanzo, certe mie ipotesi su quello che chiamo un “Campo di coscienza”, il video “The Secret” proposto da Antonieta, il Reiki di Celia, l’entusiasmo di Pamela per la Legge dell’Attrazione e certe sue esperienze che tanto sanno di sensibilità telepatica… È come se un filo conduttore comune inanellasse gran parte delle mie esperienze come perle in una collana. C’è qualcosa di grandioso in tutto questo e credo per la prima volta in vita mia di riuscire a intravederlo. Oppure sono pazzo. Perché ho cominciato ad avere una sensazione estremamente forte di dissociazione mentale dalla realtà che crediamo essere reale.

Noi quattro siamo rimasti a Valparaìso per quattro giorni stupendi che si faticherebbe a credere invernali. Enrique ci ha invitati a mangiare al mercato di Valparaiso. Al secondo piano del vecchio edificio giallo che comprende un intero isolato, c’è un paradiso di trattori, osterie, taverne e ristorantini in tutta la gamma delle tonalità intermedie e adiacenti. Enrique, che il Cile se l’è girato tutto, poco prima di salire le scale chiede a un commerciante “Qual è il locale migliore per mangiare qui?” e l’altro dice “Sono tutti uguali, ma se io non fossi un fornitore e potessi parlare liberamente, le direi di andare al Rincón de Pancho”. Quell’onesto lavoratore è senza penombra di dubbio un uomo di gran classe, di quelli che non parlano. E infatti Enrique lo ringrazia di non avergli detto niente e ce ne andiamo al Rincón de Pancho. Prima di arrivarci, durante l’attraversata del lungo corridoio di locali, veniamo invitati da un’interminabile sfilata di camerieri e imbonitori a sederci da loro.

In fondo al corridoio, si trova El Rincón de Pancho.

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2012, Maggio, Domenica 13

(…continued)

Sembra una cavolata ma è un piatto squisito, sarà che il cavolo non ci va. Poi per carità vado pazzo anche per la ribollita fiorentina che è proprio a base di cavolo. Per la cazuela c’è la variante con il pollo invece della carne da bollito, i puristi dicono che tale variante la si fa senza la zucca, Marcia invece mi ha detto che la zucca ce la mette lo stesso perché una cazuela non è cazuela senza la zucca, e io direi che può avere ragione, e una cazuela senza zucca più che cazuela ti diventa appunto una cavolata, nonostante il cavolo non ci sia. Ma voglio dire, anche nella cazuela non ci sta niente che si chiami cazu.

Marcia è divertente, ha forse una cinquantina d’anni ed è una gran chiacchierona. Mentre pranzavamo tutti e tre ha tirato fuori che secondo lei io sono sputato a Marc Anthony, un cantante che io prima di venire in Cile non avevo mai sentito nominare, e comunque è l’idolo di Marcia. Allora mi ha fatto le foto con il suo cellulare nuovo con tanto di touch screen per fare un po’ di invidia alle sue amiche. Così ora mi si sta spacciando per un cantante famoso che nemmeno conosco.

Sono andato a letto prestissimo ieri sera, poco dopo le nove sono crollato. Mi sono svegliato alle tre e mezza di mattino e non sono più riuscito a prendere sonno. La giornata è cominciata male già da lì. Credo di aver fatto il pieno di sfiga oggi, così conto di rimanere immune per un po’ di tempo. Il programma per oggi era di andare a mio zio Gigino in quanto invitati da Maria Olga per una riunione familiare in celebrazione della giornata della madre, che chi si interessa a ‘ste cose sa che è stato 3 giorni fa, ma qui in Cile è una specie di secondo Natale e va sostenuta perché aiuta il consumismo, è da un mese che in TV rompono i coglioni per farti comprare torte, cioccolata, vestiti e cellulari a tua madre. E per darti modo di spendere di più la celebrazione è stata spostata a domenica, geniale no? Hanno duplicato le celebrazioni e quadruplicato il periodo di spesa con una semplice annotazione in calendario.

Comunque, cercando di aggiustare i miei occhiali nuovi che mi stavano larghi, ho piegato le parti sbagliate e sono riuscito a staccare un bordo della montatura dalla lente, non si nota niente se non lo sai che è staccato, ma sull’occhiale nuovo che hai aspettato mesi perché ti arrivasse per posta è una cosa che anche se non si vede lo senti dritto in mezzo al cuore.

Bella la riunione familiare, il pranzo era un pollo al cognac preparato ovviamente da Marcia credo già il venerdì, ma quando mangi qualcosa del genere vorresti farlo con degli occhiali in perfette condizioni. Non c’è storia, è tutta un’altra cosa.

Il colpo di grazia è arrivato quando è giunto il momento di cambiare la ventola al mio caro PC, il mio strumento di lavoro letterario, ventola che avevo ordinato con mio zio la volta scorsa in cui ero stato a Santiago, a fine marzo. La ventola era uno dei motivi principali, oltre al compleanno di mia nonna, per cui sono tornato a Santiago, facendolo anche con parecchio anticipo sugli altri miei impegni. L’altro motivo principale erano gli occhiali. Mio zio ha smembrato il mio povero pc tossicchiante e al momento di mettere la ventola si accorge che il ricambio non entra… dopo minuti di perplessità e cordoglio mi accorgo che c’era un piccolo codice sotto al modello, in un carattere piccolissimo quasi quanto quello delle clausole dei contratti che ti fanno firmare per aprire un conto corrente. E tale microscopico codice mi accorgo con raccapriccio essere differente tra la ventola deceduta e quella nuova fiammante giunta espressamente dal Singapore dietro un pagamento di 18.28 dollari americani. Ho dovuto affrettare l’accettazione di simile lutto per tornare su ebay e trovare il pezzo giusto, al prezzo di 9.44 dollari americani. Mi toccherà rimanere a Santiago qualche giorno in più rispetto al previsto per effettuare il cambio, non posso rimandare visto che la ventola si ormai è completamente paralizzata.

Rimango a Santiago, con l’occhiale nuovo che non è più nuovo, con il PC profumatamente strapagato a Steve Jobs che non funziona (non fa il suo job) come deve, internet che fa schifo mentre io continuo a pagare la bolletta della mia ADSL di Valparaíso, una ventola pagata il doppio e che non mi serve e l’acquisto di una seconda ventola di cui dovrò pagare un trasporto speciale. E questi, per me, sono motivi sufficienti per farmi diventare tirchio al punto da bestemmiare sui due euro spesi ieri per andare a tradurre un testo dall’inglese in pieno, schifosissimo, centro di Santiago.

Ma guardiamo il lato positivo, la cazuela era buona e abbiamo messo la ventola che non serve in vendita su internet, e spero che il cosmo mi conceda anche solo una parte del culo che in questi giorni mi ha spietatamente negato, si sa mai che da quella vendita ci faccia più soldi di quelli che sto spendendo per aggiustare il PC. Mi accontento di soli due euro di guadagno.

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2012, Maggio, Domenica 13

 

Ieri non ho scritto perché avevo troppo sonno. Avevo dormito solo un paio d’ore, ero andato a letto solo dopo aver finito di scribacchiare intorno alle cinque di mattina. Fatto sta che la riunione del Movimento Raeliano era alle 10 di mattina. Antonieta, la responsabile nazionale, mi aveva telefonato la sera prima – venerdì 11 – per avvisarmi. Non ci ho potuto fare niente, anche andando a letto alle 5 di mattina ho faticato ad addormentarmi. Ho fatto la levataccia alle 8.30, sono uscito giusto dopo aver fatto doccia, colazione veloce e un salutino a Marcia.

Sì, lo so che sembra quel personaggio che faceva Lucia Ocone a Mai dire Goal qualche anno fa. Ma si pronuncia “Marsia”, o Marthia, con il th inglese se siete dei puristi dello spagnolo Europeo. Qui, e in tutto il resto del Sudamerica, bisogna pronunciare Marsia se non volete farvi prendere per il culo. Mi si passerà il francesismo apparentemente ripetuto da poche righe più sopra, bisogna tenere conto che quel che si legge a distanza di 30 secondi io l’ho scritto a distanza di 3 giorni.

Marcia è la tata dei miei zii Gigino e Maria Olga. E molto saltuariamente il sabato passa da mia nonna che ogni tanto le chiede di fare un po’ di ordine e pulizie in casa. Maria Olga storce un po’ il naso, visto che la fa lavorare da lunedì a venerdì preferirebbe farla riposare di sabato. Ma è tipo un sabato ogni due mesi a quanto ho capito. La specialità di Marcia non sono le pulizie né l’ordine… non è bello da dirsi di qualcuno che di lavoro fa la tata… ma si è guadagnata l’apprezzamento dei miei zii e la fiducia di tutti quelli che la conoscono perché è bravissima con i bambini ed è una cuoca spettacolare.

Così sono uscito di corsa, insciarpato e inguantato, l’autobus è passato quasi subito e così ho potuto prendere presto la metropolitana e arrivare relativamente presto. Se c’è una cosa di cui Santiago può andare fiera è la sua metropolitana, con le sue 4 linee e mezzo può far morire di vergogna Roma e Milano quanto a cura delle stazioni, efficienza e puntualità. La riunione è consistita fondamentalmente in una traduzione fatta al volo da me di una trascrizione di un discorso di Rael. Non appena la gente scopre che conosci un po’ di lingue sei fregato, ti ritrovi a fare da interprete e traduttore a ogni occasione. Se non contiamo il tempo che talvolta l’attività di traduttore può consumare, la parte peggiore è che ti senti tremendamente stupido a dire agli altri quello che già è stato scritto o detto con l’unica differenza di usare delle parole leggermente diverse, dopo un po’ di tempo cominci a chiederti come fa la gente a non associare parole che sono così simili, per dire cat e gatto suonano pure simile, così come understand intendere. No? No, se non te lo dicono o te lo fanno notare evidentemente no. Ma quest’idea non ti aiuta a sentirti meno scemo quando hai l’abitudine a capire in modo automatico l’uno e l’altro.

Quando sono tornato a casa ho avuto l’impressione di aver sprecato la mattinata, le ore di sonno, e i due euro di trasporti pubblici. Giuro che sabato mattina non ero così tirchio. Lo sono diventato stasera. Tra un po’ racconto perché.

Insomma, io ero morto di sonno, sono tornato a casa e ho dato una mano a Marcia e mia nonna, ma già sapevo che la ricompensa era una spettacolare cazuela preparata da Marcia. Ho avuto modo di assaggiarne parecchie, è un piatto tipico qui in Cile tanto quanto può esserlo la parmigiana di melanzane in Italia, ma che dico Italia, di più, Parma. La cazuela è una zuppa fatta con carne da bollito, pezzi di granturco in pannocchia, pezzi di zucca, patate intere, tutto tagliato in pezzi grandi all’incirca proprio quanto una patata, carota a pezzettini, cipolla taglio piuma, fagiolini verdi, riso e, a scelta, un po’ di peperone ed erbette come prezzemolo o coriandolo od origano.

(To be continued…)

 

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2012, Maggio, Sabato 5.

Ho appena finito di buttare giù un migliaio abbondante di parole nel mio romanzo e mancando nuovamente poche ore all’alba, mi ritrovo con il cervello che fatica a fare uso del linguaggio. Tanto più facile sarebbe regredire in questo momento a un tipo di comunicazione animale. Un grugnito: ho fame, due grugniti: togliti di mezzo, niente grugnito: meglio che sono io che mi tolgo di mezzo… ecc.

La lotta per la sopravvivenza è decisamente più complessa e incasinata se ti tocca esprimere concetti come “Perché diavolo la mia residenza è ancora in Italia nonostante abbia a più riprese sollecitato in ambasciata affinché venisse trasferita all’estero?” oppure “Ho bisogno di una connessione a internet che mi permetta per lo meno di cercare termini come «convoluto» o «lapillo» su google, se no qui mi saltano i nervi, e finisco per regredire a comunicare per mezzo di grugniti”.

Tra l’altro anche i miei capelli oggi hanno assunto un aspetto più animalesco, dopo che ieri li ho lavati con l’aceto. Sì, lo so che sembra una cazzata, ma da quando avevo smesso di usare sciampo e sapone il mio livello di igiene ho notato essere di molto migliorato. È più di un anno ormai. Solo che quando avevo iniziato avevo i capelli corti, adesso sono lunghi e di tanto in tanto lo sciampo serve. Sto scoprendo sperimentalmente che ormai nemmeno il buon vecchio aceto (bianco, industriale e completamente finto come quello che ti vendono nei supermercati qui, quindi a rigore non è nemmeno di quello vecchio…) può bastare a dare ai miei capelli un aspetto decente.

Ma chissenefrega dell’aspetto decente, giusto? Giusto. Ma domani io lo sciampo me lo faccio lo stesso. Così, senza nessun motivo in particolare, se non quello di trasgredire.

Oggi sabato finalmente non mi sono dovuto sorbire le telenovele pomeridiane di mia nonna, e fanculo al correttore ortografico che mi segna sia “telenovele” che “fanculo”. Invece la telenovela serale era carina, ho notato che è ben scritta, ben recitata, ben diretta, una commedia brillante, divertente, esilarante. Quando sto con mia nonna la TV diventa una parte importante della vita. Io la TV non la guardo mai, la ragione principale è che non mi va di sprecare corrente elettrica per rincoglionirmi in quella maniera, ma oltre alla mia tirchieria ci sono altri motivi. Come per esempio il fatto che la TV qui in Cile riesce a fare più schifo che in Italia. Un trash assurdo, una sovrabbondanza di reality e di calcio che ti fa venire dubbi sul fatto che l’essere umano abbia davvero sviluppato un sistema di linguaggio evoluto.

E insomma nonostante oggi le telenovele non ci fossero, oggi pomeriggio ci siamo guardati una specie di reality in cui un “famoso” va a vivere con una famiglia “del popolo”. Il famoso in questione nella trasmissione di oggi era una valletta siliconata. Ma pareva una persona simpatica e generosa, quindi posso dire che non è stato solo il fascino del silicone a tenermi davanti alla TV, e il naso mi cresce solo a metà.

Per il resto ho passato l’aspirapolvere, aiutato a lavare i piatti e cucinato.

(To be continued…)

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2012, Maggio, Giovedì 3.

(…continued)

Esaurito l’argomento dei suoi esperimenti di informatica, è passato a raccontarmi dell’attuale stato della sua relazione con i suoi figli, laureati in informatica o roba simile, la sua ex moglie, e i suoi nipoti.

Esaurito l’argomento della sua famiglia, è passato ad “approfittare subito visto che dovevo partire”, di cercare su google informazioni su un metodo di fabbricazione di pannelli fotovoltaici proposto da un candidato alle prossime elezioni presidenziali del Cile. E lì devo ammettere che la cosa mi ha interessato molto e mi sono dilungato con lui a cercare video su youtube per approfondire. La prospettiva di liberarsi dalla bolletta della luce mi è parsa estremamente seducente. Ancora più seducente la prospettiva di poter vendere elettricità alla compagnia elettrica grazie ad una legge che dovrebbe passare a breve. Siccome mio zio Willy è un tecnico in sistemi elettrici, ed è anche bravo, credo che approfondiremo il discorso, mettendo a frutto le sue capacità con i miei risparmi.

Quando finalmente gli ho fatto notare che avevo tutto da sistemare e l’autobus da prendere in mattinata, mi ha lasciato con il sonno che arrivava e il mio puttanaio domestico da disimputtanaiare.

In parte ci sono riuscito, poi verso le sette del mattino ho detto basta e sono andato a letto. Senza che nemmeno me ne rendessi conto, via via che riordinavo, i piatti sporchi che raccoglievo hanno riempito il lavello fino al colmo. Siccome proprio non ho avuto tempo, li ho lasciati lì da far lavare a mio zio Willy.

Stamattina ho fatto appena in tempo a vestirmi, mangiare un paio di kiwi, dare gli ultimi ritocchi alla valigia, prendere tutto quello che dovevo, busta della spazzatura compresa, e uscire di corsa giù per il colle, carico di bagagli, all’appuntamento con il mio benedetto autobus. Ho tentato di dormire fino adesso senza riuscirci, un po’ per via del condizionatore che va a briglia sciolta, un po’ per via di una venditrice di pasticcini tipici che, come è usanza tipica da queste parti, è salita con una tipica cesta di vimini a vendere il suo prodotto tipico, su quest’autobus che di tipico in questo momento ha solo la venditrice di pasticcini. Non so come, ma sono riuscito a resistere alla tentazione di comprarne. Così, insonne tanto nello spirito quanto nell’appetito, ho deciso di tirare fuori il computer dalla valigetta e documentare questo momento memorabile, in cui entro nello stupefacente schifo del centro di Santiago.

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